Quando arriva a Torino, nell’autunno 2015, la piccola Mayar Khero non ha ancora sei anni.

E’ nata e vissuta, nella sua breve vita, ad Aleppo, in Siria, dove ha visto la sua casa trasformarsi in un cumulo di macerie, così come l’officina di proprietà dove suo papà svolgeva il lavoro di elettrauto.


  • – Mayar cammina con difficoltà, così come respira con difficoltà, a causa del suo addome voluminoso.
  • – Deve essere alimentata ogni due-tre ore, diversamente ipoglicemia e coma.
  • – Mayar ha una malattia congenita, una malattia metabolica.
  • – Unica possibilità, per lei, un trapianto di fegato.
  • – Le sue condizioni generali non sono buone e senza provvedimenti terapeutici supportivi, intrapresi con urgenza, le rimane, davvero, poco tempo.

La Onlus lombarda Cuore in Siria, presente sul territorio, raccoglie il disperato appello dei genitori. Il Prof. Mauro Salizzoni, del Centro Trapianti della Città della Salute e della Scienza di Torino, si dichiara disponibile ad eseguire un intervento chirurgico effettuato, fino ad allora, soltanto quattro volte in tutto il mondo. La Regione Piemonte mette a disposizione i fondi, ma è necessario trovare un luogo sul territorio piemontese, per ragioni burocratiche prima ancora che logistiche, dove accogliere questa famiglia (mamma, papà, Mayar e due fratellini). La macchina si blocca a questo punto ed è così che il giornalista del quotidiano La Stampa, Lorenzo Mondo, scrive un articolo accorato, chiedendo aiuto alla città di Torino che, peraltro, ha una lunga tradizione in materia di solidarietà.

Dimore San Giovanni risponde.